Planimetrie


Francesco Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, Edizioni Adelphi, Milano 2004


Alla riproduzione dell'edizione aldina del 1499 applichiamo il codice borgesiano dei diritti del lettore, e proponiamo una selezione di immagini e di citazioni tali, da illuminare il percorso creativo iniziato da Tomaso Buzzi, e proseguito da Marco Solari.

Il sogno è il tempo che ogni persona dedica a interpretare la realtà: alcuni separano l'intepretazione dalla vita quotidiana...altri, i creativi, sognano per sapere come migliorare l'esistente, trasformare le paure in speranze, e la competizione in partecipazione.



La battaglia in sogno dell'amante di molte realtà, dove s'insegna che l'umanità altro non fà che sogni, e dove si citano molti simboli benefici e degni di essere conosciuti.



Da Francesco Colonna Hypnerotomachia Poliphili, Aldo Manuzio Editore, Venezia 1499 - Adelphi Edizioni, Milano 2004

L'Amante-di-molte-realtà incomincia la sua battaglia erotica ed onirica con la descrizione dell'ora del giorno e del momento in cui gli sembrò di ritrovare se stesso, in sogno, in una tranquilla e silenziosa piana, deserta d'ogni attività umana.
Descrizione dell'Aurora.
Era l'ora nella quale la fronte della Madre Matuta Leucothea appare candida fuori dall'Oceano; e Febo sorge, pur senza mostrare ancora le vorticose ruote sospese in aria, ma con i suoi alati cavalli Piroo ed Eoo, appena emersi, la insegue pronto e velocissimo, dipingendo di rose purpuree la bianca quadriga della figliola; mentre le sue splendenti chiome ondeggiano sull'azzurra inquietudine marina.
Era il momento nel quale Cinzia priva di corna tramonta sollecitando il mulo e i cavalli - uno bianco e uno nero - che ne trainano il carro: giunta all'estremo orizzonte che distingue gli emisferi, arretra, messa in fuga dalla stella che anticipa il nuovo giorno.
Nel tempo in cui i monti Rifei sono placidi, l'algido freddo Euro col compagno non soffiano più col consueto rigore, nè più scuotono i rami come d'inverno, quando molesta i mobili sterpi, i rovi e gli arbusti deboli, quando tormenta le canne flessibili o scuote i salici pazienti, e piega l'abete; tremanti essenze sotto le corna del Toro, ed anche Orione coraggioso smette di inseguire piangente l'omero del Toro ornato dalle sette sorelle.
Nell'ora in cui i fiori multicolori e i prati verdeggianti non temono il caldo pericoloso del figlio di Iperione che sta sorgendo, rugiadosi e umidi delle lacrime fresche di Aurora, quando sulle onde marine ferme per la bonaccia appaiono gli alcioni a nidificare sui litorali sabbiosi; nell'ora in cui Ero dolente sospira con passione l'ingrata morte di Leandro mentre nuotava, io - Polifilo - stavo sdraiato sul mio letto, benigno amico dello stanco corpo.
Nella nota camera non c'era alcun altro a parte me e la cara, attenta Insonnia che, conoscendo la causa dei miei sospiri, mi consolava ragionando, e pietosamente mi persuadeva a mitigare tanta inquietudine. Poi, consapevole che era l'ora di dormire, chiese licenza.
Rimasto solo nella meditazione sull'amore, trascorsi senza dormire la notte lunga e noiosa: senza consolazione, sospiravo per il mio destino infruttuoso. Piangendo l'amore che genera tormenti senza essere fecondo, pensavo e ripensavo cosa sia l'amore non corrisposto, come sia possibile amare chi non è innamorato, in che modo sia possibile una difesa, quando il dissidio è tutto interiore e mentale.
Mi lamentai con amarezza e a lungo per essere in una condizione così miserabile, con i pensieri vagabondi ormai stanchi dell'ingannevole piacere nutrito dal fantasma di Polia.
L'idea di Polia, che io venero, vive così profondamente impressa in me che il mio cuore tormentato, pur considerando la causa di tanta sofferenza come un nemico pericoloso, pur l'invoca come unico, potente e salutare rimedio.
Ragionavo sull'esistenza degli amanti, sui motivi per i quali scelgono di morire dolcemente per compiacere altri; e, compiacendo se stessi, vivono alimentando un desiderio lancinante, con assillanti illusioni.
Dunque, come l'uomo stanco per le fatiche quotidiane, così desideravo trovare quiete, sfogato il flusso delle lacrime sulle guance scavate per la debolezza amorosa. Senza più tentennare tra la veglia crudele e un sonno dolce come morte, socchiusi le palpebre rosse di pianto.
Allora i miei sensi, distinti dalla mente, e non partecipi delle sue alte occupazioni, furono sopraffatti da un benefico sonno...


 

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