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Al racconto dell'Annunciazione, espresso con esattezza dal Vangelo, corrisponde l'icona ed il canto liturgico che accompagna la celebrazione orientale. Questa icona usata per la festa del 25 marzo é tra i migliori esempi dell'arte iconografica del racconto di Luca; conservata in Jugoslavia, nella chiesa di San Clemente di Ochrida, é inserita nella seconda fila di icona della iconostasi (la struttura adorna di immagini sacre, di divisone tra presbiterio e navate), al primo posto del Dodecaorton (Serie delle dodici feste). Le didascalie in lingua greca e la perfezione delle linee e dei colori indicano la mano di un iconografo greco di Costantinopoli vivente agli inizi del XIV secolo - durante l'ultima rinascenza artistica dei Paleologi -. Composizione centrale della raffigurazione é la Madre di Dio in trono, da Regina, seduta sopra un cuscino rosso purpureo e calzante scarpe del medesimo colore. Indossa una tunica azzurra, un ampio velo, il maphorion, le ricade sul capo, sulle spalle e su gran parte della persona. Nella mano sinistra regge il filo rosso con il quale, secondo gli apocrifi, stava tessendo il velo del Tempio allorché l'Angelo le apparve. La mano destra accenna all'Angelo di non avvicinarsi. In primo piano, alla base del trono, é visibile una sorta di pozzo quadrato, allusione al racconto apocrifo che vuole l'annuncio accanto ad esso. Alle spalle un baldacchino rappresentato in prospettiva rovesciata. Il fondo oro - simbolo del Cielo - si apre per filtrare un raggio di luce diretto a Maria, raggio divino che oltrepassa senza alterare il drappo rosso porpora. L'Angelo, in movimento - quasi a manifestare la rapidità dell'annuncio e della risposta - con la mano destra saluta alla greca, mentre l'altra mano regge un'asta lunga e sottile - che potrebbe raffigurare l'insegna di Gabriele, condottiero degli eserciti celesti.
Come in tante altre icone dello stesso tipo, la Madre di Dio, raffigurata a mezzo busto, guarda davanti a sé e così pure il suo divin Figlio; Ella lo regge con un braccio mentre la mano stesa dell'altro braccio lo indica come Via. Gesù con la destra accenna un gesto di benedizione (avvicinando la punta del pollice all'anulare, come usano i sacerdoti bizantini) e con la sinistra stringe il rotolo delle Scritture. Sono gli stessi gesti che troviamo anche nei solenni Cristo Pantocrator (Onnipotente), in cui il Redentore è raffigurato adulto, nell'imponenza della sua divinità incarnata. Le tre stelle (sul capo e sulle spalle della Vergine) presenti in tutte le icone orientali, stanno ad indicare la verginità di Maria prima, durante e dopo il parto. A differenza delle Vergini della Tenerezza, dove i volti della Madre e del Figlio sono accostati in espressione di dolce intimità, nelle Hodighitrie le due teste spiccano separate ed hanno una solenne, talvolta un po' severa, maestà. II tipo classico frontale ha subìto in certi casi alcune modifiche: si può trovare o la Vergine Madre o Gesù raffigurati di lato, magari col capo un po' chino. Si pensi alla Madonna di Tichvin, festeggiata dalla Chiesa ortodossa russa il 26 giugno. Questa icona della Madre di Dio nel suo prototipo viene attribuita a san Luca e sono molto numerose le Hodighitrie anche in santuari italiani. Ricordiamo quella della cattedrale di Bari, purtroppo in parte ridipinta secondo il gusto occidentale ed appesantita da gioielli; la Consolata di Torino (anche in questo caso corone e nimbo con stelle, per adornare i due capi, sono oggetti estranei alle vere icone orientali); la Madonna della Grazie, venerata a Este (Padova); la Beata Vergine di san Luca, carissima ai bolognesi; la Madonna del Voto a Siena; la Madonna di san Brizio, venerata nel duomo di Orvieto; Maria SS. di Valverde, (Viterbo); Maria SS. della Madia, a Monopoli (Bari); S. Maria Hodighitria a san Basile (Cosenza); S. Maria Hodighitria dei Siciliani, a Roma. Ricordiamo anche, sebbene l'atteggiamento delle mani sia un po' diverso, la Madonna della Strada nella chiesa del Gesù a Roma; ed infine la Salus Populi Romani nella basilica di S. Maria Maggiore sempre a Roma. Molto numerose anche le Hodighitrie all'estero. Basti qui ricordare, tra le più note, la Madonna di Czestochowa. Gesù è via - oltre che verità e vita, secondo l'affermazione evangelica - e guida l'umanità al Padre: ma anche la Theótokos (Madre di Dio) è via per i cristiani che fanno fiducioso ricorso a Lei, anzi è la via più facile per giungere a Gesù, come precisarono alcuni santi. Anche nell'inno Akàtisto alla Madre di Dio, con cui i fedeli d'Oriente fin dal IV secolo esprimono abitualmente la loro devozione mariana, quasi come i fedeli d'Occidente col Rosario, si dice: "Salve, tu che in seno portasti la guida (hodigon) degli erranti"; ed in un'altra strofa: "Noi contempliamo la Vergine Santa quale lampada splendente apparsa a coloro che stanno nelle tenebre, perché dopo aver acceso la Luce immateriale conduce (hodigi) tutti alla conoscenza divina". Suor Maria Monastero russo di Roma
L'immagine della Madre di Dio della Passione, conosciuta in Occidente come Madonna del Perpetuo Soccorso, è nota in tutti i continenti, grazie soprattutto ai Padri Redentoristi che hanno diffuso copie della Vergine col Bambino, onorata nel loro santuario di via Merulana a Roma. E' un'immagine facilmente riconoscibile, anche per i due angeli posti ai lati in alto, che reggono gli strumenti della passione di Cristo, da cui la vera denominazione dell'icona: Madre di Dio della Passione. Così viene detta in Grecia, in Russia e negli altri paesi dell'Oriente bizantino (da dove giunse anche l'esemplare poi venerato in Roma). La Beata Vergine - il cui manto porta visibili le tre stelle, segno della sua verginità prima, durante e dopo il parto - non guarda il Figlio, ma chi si trova davanti a lei, con sguardo dolce e insieme velato di tristezza, quasi presago delle sofferenze con cui il divin Figlio opererà la Redenzione. Il piccolo Gesù, dal volto maturo quale conviene a Dio eterno (e nella sua aureola tre lettere greche lo indicano come "Colui che è"), alla vista della croce presentata dall'angelo, sembra preso da spavento: con le due manine afferra la destra della Madre e il suo piedino istintivamente ripiegato lascia cadere il sandalo slacciatosi. E' un particolare che si ripete spesso. Nel museo dell'Istituto ellenico a Venezia c'è una bella icona della Madonna della Passione, dipinta da E. Lombardos agli inizi del XVII secolo, che ha tutti i dettagli sopra descritti. Si noti il rispetto con cui gli angeli reggono gli strumenti della passione: le loro mani sono velate per evitare il contatto diretto con la croce, la lancia, l'asta recante la spugna. Questa bella immagine della Vergine, che nella sua duplice denominazione di Madre di Dio della Passione e Madonna del Perpetuo Soccorso, ci ricorda la centralità salvifica della passione di Cristo e insieme la bontà della Madre di Dio e Madre nostra, sempre pronta ad accorrere in nostro soccorso. Suor Maria Monastero russo di Roma
Icona formata da una tavola di legno rettangolare, con i bordi rialzati a formare una cornice. In origine era usata come icona portatile, dipinta su entrambi i lati; sul retro era dipinta l'Etimasia (Preparazione del Trono). La pittura principale misura cm. 78X55, l'intera superficie del quadro 100X70, cornice compresa. L'opera era ricoperta da una riza (rivestimento) di lamina dorata, tempestata di perle e pietre preziose, la cui rimozione provocò molti danni al quadro. La Theotokos (Madre di Dio) é rivestita del maphorion (mantello) blu bordato in oro e porpora, ornato delle stelle che indicano la verginità; il Figlio indossa un imation ( sopravveste formata da un telo quadrato) intessuto d'oro, per esaltare la dignità divina del Bambino. L'atteggiamento affettuoso della Madre attenua l'austerità consueta al tipo dell'Odigitria (Colei che indica la Via); la tristezza dello sguardo e della bocca preannunciano il tipo di Madonna detta "della Passione". E' una delle icone più venerate dalla Russia cristiana: opera di ignoto, d'epoca macedone, pare fosse una copia della Madonna di San Luca venerata nella chiesa dell'Eleousa (Misericordiosa) di Costantinopoli. Il quadro venne mandato in Russia come dono di nozze nel 1131; fu prima a Kiev, poi nel 1151 fu mandato a Vladimir, da cui prese il nome. Venerata come protettrice del paese, sfuggì agli incendi e devastazioni durante l'invasione tartara. Dopo il 1395 fu trasferita a Mosca: davanti ad essa venivano consacrati i patriarchi e incoronati gli zar. Nel XV secolo gli abitanti di Vladimir reclamarono la loro icona; Rublev fu incaricato di farne una copia, che fu collocata a vladimir al posto dell'originale. detta copia, eseguita tra il 1395 e il 1410, é ora conservata nel museo di Vladimir.
Esempio dell'ultimo periodo creativo dell'iconografia moscovita, ancora influenzato dalla scuola del grande Rublev, monaco iconografo del XV secolo. L'immagine di Cristo appare su fondo oro, simbolo della luce divina che deifica l'umanità del Figlio. L'aureola accentua il significato dell'oro, portando in sè il destino salvifico della croce; l'omega ( = colui che é) si riferisce al nome di Dio rivelato a Mosé. Cristo é in atto di benedire con la mano destra, mentre regge con la sinistra il Vangelo. Fulcro compositivo é il volto impassibile: così nella forma umana si esprime l'immutabilità divina, essendo Cristo "vero Dio e vero uomo". Anche le vesti, riprese dall'abbigliamento dell'imperatore bizantino (= Cristo Re), sono dei due colori/simbolo: rosso per la divinità e blu per l'umanità.
La più famosa icona della Trinità è questa, dipinta da Andrej Rublev per la chiesa della Trinità della Laura di San Sergio. In cattivo stato, sono andate perdute intere campiture di colore, i volti sono stati in parte ridipinti. L'icona rappresenta una teofania: partendo da Genesi 18 vediamo i tre personaggi che andarono da Abramo, alle loro spalle la tenda /palazzo / tempio, la quercia di Mamre / albero della vita. I tre angeli sono seduti alla mensa / altare, su cui compare la coppa con la testa del vitello che fu loro offerto, figura del sacrificio di Cristo. Specifico problema di questa immagine, l'identificazione delle Persone della Trinità con i tre angeli: alcuni vedono il Padre nell'angelo centrale, il Figlio nell'angelo di sinistra, altri l'inverso; la maggioranza concorda nell'identificare lo Spirito Santo con la figura alla nostra destra. Se Rublev non ha messo i nomi al suoi personaggi, è probabile non intendesse proporne una identificazione: la Santa Trinità è semplicemente rappresentata attraverso la manifestazione tipologica ( cioè la sua peculiare realtà, d'essere tre persone reali, uguali e distinte). L'icona di Rublev è considerata protorivelata in quanto mostra per la prima volta come i messaggeri inviati ad Abramo rappresentino tipologicamente la Trinità. Il centro compositivo è la mano alzata a benedire la coppa; l'atteggiamento dei personaggi forma un cerchio intorno la tavola rettangolare, mentre i bastoni da pellegrino si aprono verso il Cielo.
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